Lezione #3 - Luminous Star

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  1. Tsukamoto Arashi
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    Prof. Ayame

    Dopo gli avvenimenti in Foresta, convincere il Preside a riprendere regolarmente le lezioni era stata un’impresa ardua.
    A dire il vero, Ayame era d’accordo con lui: avrebbe preferito lasciare gli studenti al sicuro nella scuola impedendo le lezioni pratiche e le ricerche sul campo e focalizzandosi invece su lezioni teoriche e studio sui libri.
    Non che lei amasse questo genere di cose, soprattutto perché in genere gli studenti tendevano a considerarle come delle punizioni, e lei stessa trovava molto difficile tenere a bada una classe così numerosa, ma la sicurezza degli studenti veniva prima di tutto.
    Ma un pensiero si affacciò alla sua mente, provocandole un sospiro. La sua idea non era stata approvata, anzi, era stata respinta con veemenza dal suo odiato collega, che aveva invece con la sua abile eloquenza convinto il loro superiore a proseguire le lezioni sul posto, non senza l’adeguata sicurezza: aveva infatti dovuto scendere a patti, e Ayame era riuscita a ottenere dei limiti geografici oltre ai quali non era consentito far lezione, e una riduzione della durata delle stesse alle sole ore diurne.
    Entrò in classe stavolta senza ricorrere a incantesimi vari, non era per niente di buon umore ed era raro vederla così abbattuta e alterata allo stesso tempo. Lo sguardo stanco, segnato in parte solo dalla lontana ombra di qualcosa di simile alle occhiaie per le notti insonni, così come il portamento, che pur essendo aggraziato come al solito, appariva meno composto, come sfiorito.
    Senza neanche sedersi alla cattedra prese il registro e, estratta una penna dalla borsa, la lasciò in bilico sul registro, questa iniziò a oscillare da sola.
    Richiamò l’attenzione di coloro che ancora non si erano accorti del suo ingresso, agitò una campanellina dal suono lieve, che però non si sa per quale motivo mise a tacere tutti.
    Buongiorno a tutti! disse, con un sorriso cordiale, bello e solare come sempre nonostante i piccoli segni di una grande stanchezza, Come alcuni di voi sanno per esperienza personale e altri per sentito dire, ci sono stati alcuni…problemi, durante l’ultima missione all’aperto. Ragion per cui le lezioni pratiche… indugiò un attimo. Avrebbe solo voluto dire ‘Non si terranno più fino a data da destinarsi, è per il vosto bene, ragazzi’, ma vedendo le facce degli studenti che mutavano preoccupate e udendo già alzarsi un mormorio non poté che rassicurarli.
    …si terranno ugualmente… Ma con dei controlli più severi di prima! si affrettò a precisare.
    Oggi andremo in Foresta, a conoscere le piante sul posto… Chi doveva consegnarmi le foglie coi compiti me le darà sul campo, adesso affrettiamoci, abbiamo tempo solo fino al tramonto!
















    La lezione pratica in Foresta consiste nella ricerca di tre piante.

    - Ortica : Irrita fortemente la pelle, ma occorre raccoglierla a mani nude per non rovinarla
    - Mandragora : Pianta dalle molteplici proprietà curative ma difficile da cogliere. Emana delle spore che paralizzano i muscoli e, nel peggiore dei casi, avvelenano i polmoni del malcapitato che si avvicina troppo. Va colta con le radici. Le spore cominciando ad agire in mezz’ora
    - Iris : Fiore che cresce sui rami più alti dell’omonima pianta, abitata da una colonia di insetti simili agli afidi ma di colore rosso che aggrediscono chiunque si avvicini alla loro casa

    Tempo In-Game : 4 h (fino al tramonto)
    Tempo Off-Game : Una settimana (fino alla sera di martedì 17/07)



    Obbiettivi per la Lezione #3
    (Come già anticipato, avete un solo post per la completa stesura della Lezione)

    - Cosa stavate facendo prima di venire a lezione?
    - Consegnare i compiti, nel caso foste presenti alla Lezione #1
    - Descrivere la Foresta
    - Facoltativo : Per portare a termine il compito assegnatovi dalla Prof.ssa Ayame, potete creare un gruppo, muovendo al massimo due NPG
     
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  2. Tsukamoto Arashi
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    ~Arashi Tsukamoto


    Era una mattina abbastanza fresca, albeggiava e il sole non aveva ancora fatto in tempo a irradiare e riscaldare l’ambiente.
    Arashi era già in piedi: nonostante le ferite quei pochi giorni di riposo avevano ristabilito la sua salute quel poco che bastava a sostenere tranquillamene una lezione sul campo. O forse era lei che si sopravvalutava.
    Ma d’altronde, le ricerche sul campo la entusiasmavano parecchio. Amava studiare sui libri e non era certo una di quelle persone convinte che l’esperienza fosse meglio dello studio teorico, piuttosto il contrario: senza un minimo di conoscenza, neanche il più esperto dei geni sarebbe riuscito a svolgere un qualsiasi incarico dando il massimo, tuttavia nulla era equiparabile a una lezione all’aperto.
    Arashi era una delle poche ad andare più d’accordo con Ayame che con Byakuya… Non solo perché era la sua ‘cocca’, ma anche perché apprezzava di più la sua linea di pensiero e ne era stata particolarmente influenzata negli anni precedenti all’inizio dei suoi studi.
    Soppesò lo zainetto che si era accuratamente preparata il giorno prima. Conteneva ogni cosa potesse essere utile: acqua in abbondanza, una boccetta di unguento contro le irritazioni e le reazioni cutanee, che però era mezza vuota in quanto acquistata molto tempo prima, un obento a forma di coniglio abbastanza povero (Arashi si poteva considerare sull’orlo dell’anoressia per quanto poco era solita mangiare), una torcia, che, anche se la lezione sarebbe durata solo 4 ore e sarebbe sicuramente finita prima dell’imbrunire, sarebbe tornata utile se avessero esplorato luoghi non proprio illuminati, sacchettini per raccogliere piante e simili, e infine due libri: “Creature Magiche: come evitarle” e “Enciclopedia delle Piante Curative – Volume I: conoscenze di base”.
    Dopo aver controllato diverse volte che il contenuto della borsa, si decise a chiuderla. Era un elegante zaino da bimbi in pelle marrone scura, con qualche decorazione, che le era stata regalata da Burst quando ancora frequentava le elementari. Nonostante qualche graffio qua e là la borsetta era ancora in ottimo stato e riusciva a contenere molto più di quanto non sembrasse, ragion per cui la usava per ogni occasione utile, facendo moltissima attenzione e tenendola nel miglior modo possibile.
    Si sistemò e aprì uno dei suoi tre enormi armadi, traendone un’uniforme bianca corta e leggera, a cui affisse il suo amato stemma, tirato a lucido per l’occasione. Si raccolse i lunghi capelli in un’elegante coda di cavallo in modo che non la impedissero durante le ricerche: più di una volta era capitato che si impigliassero nei rami strappandosi e provocandole dolori atroci.
    Si osservò allo specchio: non era solita raccogliersi i capelli, ma si sentiva un po’ più matura così. Fatta eccezione per lo zainetto, aveva in effetti un aspetto più adulto del solito coi capelli raccolti: l’ovale del viso appariva più definito e meno rotondeggiante e infantile, il collo pareva più lungo e sottile, e in generale l’uniforme che aveva scelto le dava un aspetto più slanciato.
    Infilò dunque un paio di stivaletti di gomma più leggeri, come peso e consistenza, di quelli che aveva usato per la Missione di sopravvivenza, in quanto avrebbe dovuto trascorrere meno tempo sul campo, e uscì dalla Camera 0 F curandosi di averla chiusa a chiave. Si avviò per i corridoi nel silenzio più totale, interrotto solo di tanto in tanto dal tintinnio delle chiavi e dal rumore dei suoi leggeri passi.

    Arrivò in classe con notevole anticipo: l’aula era ancora vuota, e in effetti osservando l’orologio mancava più di mezz’ora all’inizio delle lezioni. Forse non era esattamente il massimo arrivare sempre con così largo anticipo: era pur vero che, essendo Caposezione, doveva essere una studentessa modello, ma più si comportava così meno si integrava nella classe, meno risultava ‘normale’…
    Prese a fluttuare per l’aula con aria assente, guardando tutto senza vedere nulla, un po’ come un fantasma infelice.
    A poco a poco l’aula si riempì, i primi che vi entrarono presero un colpo vedendo quella ragazzina bianca svolazzare in giro per l’aula, così Arashi decise di prender posto e aspettare con calma che l’insegnante arrivasse.

    Alle 8 in punto, Ayame fece la sua comparsa. Questa volta entrò passando piuttosto inosservata, solo Arashi e pochi altri studenti, forse anche loro in grado di percepirla in qualche modo, o che semplicemente l’avevano vista entrare, si accorsero di lei, finché l’insegnante non richiamò tutti all’ordine.
    Dal suo posto in prima fila, Arashi non ascoltò molto di quanto disse, piuttosto si soffermò sull’aspetto emaciato che aveva: doveva aver passato tre giorni da incubo, quella povera donna.
    Disse qualcosa che la giovane Caposezione non colse, forse riguardo a una lezione sul campo, suscitando l’entusiasmo generale, e dopo aver richiuso il registro li condusse ordinatamente ai margini della Foresta.
    Fortunatamente non si imbatterono nel gruppo di Byakuya, che evidentemente era diretto al Campo di Addestramento: a giudicare dal rumore che risuonava per tutto il Cortile della Heiwa, Byakuya stava facendo il demagogo, come al solito. Quei poveretti non potevano nemmeno immaginare cosa sarebbe loro toccato.

    In realtà neanche Arashi poteva immaginare cosa sarebbe toccato a loro della Luminous, “ricerche sul campo” poteva significare molte cose, e in realtà quella era la sua prima esperienza concreta: aveva infatti assistito a diverse lezioni pratiche, ma mai vi aveva preso parte per ordine del Preside, che, ricordiamolo, le aveva concesso il permesso di studiare insieme alle altre persone solo da poco tempo.
    Arrivati al centro di uno spiazzo, l’insegnante diede loro alcune semplici istruzioni: avrebbero dovuto raccogliere tre tipi di piante in piccole quantità per poi comporre un semplice repellente nella Lezione successiva. Inoltre, chi aveva partecipato alla Lezione precedente, doveva consegnare le foglie-compiti per farsi assegnare un voto.
    Salvo questi ultimi, gli altri studenti cominciarono a darsi da fare, Arashi tuttavia faceva parte di coloro che dovevano farsi valutare.
    Stupidamente, aveva dimenticato in camera le foglie coi compiti, che comunque non erano un granché: non avendo un compagno di stanza il suo tema era incentrato sugli Umani in generale, dunque non avrebbe in ogni caso ricevuto una valutazione ottima.
    Vedere l’espressione stanca di Ayame affievolirsi ulteriormente le fece stringere il cuore: non le piaceva deluderla, senza contare che era umiliante la figura che stava facendo davanti ai suoi compagni, ma d’altronde non poteva pretendere troppo da se stessa; i segni della missione erano ancora presenti anche se alla fasciatura pesante di prima se n’era sostituita una meno evidente, segno che la ferita alla testa si stava richiudendo, ma non era ancora del tutto a posto. Sperando che Ayame avesse capito, le promise che glieli avrebbe portati di persona appena sarebbero rientrati all’Accademia e s’incamminò nel fitto della Foresta alla ricerca della prima pianta da cogliere, l’Ortica.

    Mosse pochi passi mentre quegli altissimi e spessissimi tronchi secolari le fecero tornare in mente dei ricordi di poco tempo prima: la muoveva lo stesso entusiasmo che l’agitava all’inizio della Missione, ma ora sapeva che dentro quella sorta di bosco incantato era celato un grande pericolo. Così grande che nemmeno Burst era in grado di affrontarlo allo stato attuale delle cose, un qualcosa di sconosciuto e misterioso, nonché molto inquietante.
    Camminava sul terreno umido, ringraziando gli stivaletti che le evitavano di inciampare e scivolare ogni due minuti, ripensando a che diavoleria poteva mai nascondersi in quel posto, all’apparenza tanto selvaggio e incontaminato, a cosa poteva esserci di tanto pericoloso da non dover nemmeno essere nominato.
    Nonostante i suoi pensieri cupi, la Foresta quel giorno non aveva nulla dell’atmosfera minacciosa che aveva invece oppresso tutti quanti durante la Missione, anzi era persino un posto piacevole: le folte fronde fornivano un ottimo riparo dai raggi solari tanto dannosi per la pelle di Arashi, il suono dei suoi abitanti formava una sorta di tutt’uno con il rumore del vento tra le foglie, un’armonia tutta naturale, i colori erano attenuati dalla ridotta luminosità eppure splendenti e numerosissimi, il profumo di legno, foglie, acqua e terra che si fondevano insieme era qualcosa di inebriante che ricordava molto l’odore di Reita, o forse era il contrario, era Reita che ricordava quel posto…
    Reita…Che fosse anche lui legato alla Foresta, così come la era lei? Ma lei, alla fine, era davvero legata a quel posto? Forse i suoi continui flashback non erano che frammenti diversi di uno stesso, breve momento. Forse erano solo i ricordi di un’Arashi neonata che si era trovata per caso lì, per qualche minuto, qualche ora, o qualche giorno, ma nulla di più.
    No. Non era così. Ne era certa, quella Foresta era stata il punto di partenza. L’inizio di tutto.
    Aveva pensato così tanto e così intensamente da dimenticarsi il motivo principale per cui si trovava lì: le piante.

    A giudicare da quel che diceva la sua Enciclopedia, l’ortica era una delle piante maggiormente usate come base sia per repellenti sia per unguenti curativi… cosa molto strana, visto che è risaputo che l’ortica è una delle piante più urticanti che ci siano. Secondo le disposizioni della Prof Ayame bisognava coglierla a mani nude, cercando di non ferirsi troppo… ma prima bisognava ovviamente riconoscerla.
    Non aveva un odore o una forma particolare, la sua unica caratteristica era appunto quella di irritare la pelle… come avrebbe fatto Arashi a trovarla senza farsi male? Evidentemente non sarebbe riuscita a seguire alla perfezione le istruzioni dell’insegnante, che aveva richiesto di coglierla rimanendo illesi.
    Quella sì che era una richiesta impossibile, chi mai avrebbe potuto cogliere dell’ortica senza danneggiarsi la pelle? Anche solo riconoscerla presupponeva beccarsi qualche bruciatura!
    Con sommo disappunto per quello che pareva a tutti gli effetti un errore di calcolo di Ayame, Arashi aguzzò la vista e, per ogni pianta dalle foglie seghettate che incontrava, si chinava e allungava l’indice sfiorandone le foglie, per osservare eventuali reazioni cutanee.
    Quando finalmente la trovò, aveva sfregato così tante foglie seghettate che aveva dovuto cambiare dito, visto che si era procurata numerosi taglietti sull’indice. Facendo molta attenzione a coglierla con due dita, ne mise quante più foglie poteva in uno dei pratici sacchetti che si era portata dietro, fermandosi solo quando le dita cominciarono a sanguinare e il dolore si fece insopportabile.
    Cercò, con le lacrime agli occhi per il dolore, di aprire lo zainetto con una mano sola e dopo un rovistare che le parve infinito finalmente trovò la boccetta con l’unguento curativo. Era davvero poco, meno di quanto si aspettasse, bastava giusto giusto a fermare il sanguinamento e lenire di poco il dolore, ma tant’era: meglio meno dolore che niente.

    Curatasi dunque per quel poco che poteva, e infilato rabbiosamente il sacchettino nello zainetto, riprese la sua ricerca: questa volta si sarebbe dovuta alzare in volo per cogliere dei fiori di Iris.
    Fortunatamente conosceva bene quella pianta e trovarla non fu difficile, il problema si presentava una volta raggiunti i rami. Conoscendo l’albero infatti Arashi sapeva anchee che i suoi fiori erano difesi da mille piccoli guardiani rossi di cui non ricordava il nome. Quegli insetti erano pronti ad attaccare chiunque si avvicinasse ai fiori, lei lo aveva imparato da piccola, a sue spese, durante una scampagnata nel bosco insieme a Zenko, ma sapeva anche come superare questo microscopico ostacolo.
    Per sua fortuna, lei era capace di comunicare con i roditori… dunque le bastava chiamare a gran voce qualcuno che si nutrisse di insetti, o quantomeno che li spaventasse, in modo che lei potesse cogliere i fiori indisturbata.
    Arrivata dunque a un ramo particolarmente ricco di fiori, vi si sedette a cavalcioni, certo era un modo rozzo di sedersi ma almeno le garantiva una certa stabilità, e dopo aver concentrato tutte le forze nella gola, chiamò a gran voce : “C’è qualcuno qui? Arashi vi chiama, ho bisogno di una mano. Ho bisogno di qualcuno che mangi insetti, o che sia in grado di tenerli a bada per un po’. Accorrete! Ho bisogno di aiuto!”.
    Ripeté questa frase almeno tre volte prima di riaprire gli occhi, in precedenza socchiusi, e vedere che… beh, forse aveva chiamato un po’ troppo forte. Il suo richiamo era composto da suoni che non erano udibili se non alle orecchie dei roditori… Tuttavia non aveva considerato che dall’ultima missione era salita di livello, dunque probabilmente era riuscita a farsi sentire fino a 500 m e poco più.
    “W-wow” fece stupefatta dalla sua stessa forza. Aveva attirato una piccola folla di conigli, lepri, marmotte, topi, scoiattoli e chi più ne ha più ne metta… purtroppo non c’era nessuno che facesse al caso suo, dunque decise di congedare gli animaletti.
    Stava già pensando a un piano B per riuscire a cogliere quei maledetti fiori senza conciarsi ulteriormente la mano, quando un fruscio improvviso la fece trasalire e quasi cadere dal ramo su cui era precariamente seduta.
    “Chi è là?!” fece guardandosi intorno smarrita, tutti i sensi in allerta. La fonte di tutto quello spavento era… un cucciolo di pipistrello. Uscì allo scoperto e prese a fissarla, pareva piuttosto seccato. Arashi ricambiò lo sguardo con aria invece perplessa: d’accordo, i suoi poteri erano aumentati, ma i pipistrelli erano creature notturne e dal sonno molto pesante, da quando in qua uno di loro si svegliava per un suo semplice richiamo? Pur considerando che si trattava di un cucciolo e che aveva un’aria abbastanza assonnata, era comunque molto strano che una Creatura del buio rispondesse al suo richiamo.
    “Che cosha vuoi mi hai shvegliato…” biascicò il cucciolo strofinandosi un occhietto con la minuscola zampa, fissandola corrucciato.
    “S-scusami e grazie per essere venuto!” si affrettò a rispondergli la ragazza, “Avrei bisogno di una mano… per cogliere quei fiori. Vedi quegli insetti rossi? Ecco, mi disturbano molto e minacciano di attaccarmi appena mi avvicino ai loro fiori. Potresti far qualcosa?”
    Il piccoletto non appena sentì pronunciare ‘insetti’ si riscosse completamente, e senza farselo dire due volte si fiondò su quella che per lui doveva essere una sostanziosa colazione gratis. In meno di un attimo i superstiti erano fuggiti in preda al terrore, e Arashi riuscì a cogliere senza alcun problema i meravigliosi fiori dal dolce profumo, che vennero riposti con la massima delicatezza nel sacchetto e poi nello zaino.
    Ringraziò l’animaletto; alla fine non sembrava poi tanto dispiaciuto di aver perso qualche oretta di sonno e la ringraziò a sua volta massaggiandosi la pancia piena con aria soddisfatta.

    Rimaneva soltanto una pianta da cercare, e finalmente avrebbe potuto riposare.
    Cominciava a sentirsi stanca e acciaccata, dunque decise di fare una pausa.
    Sebbene fosse abbastanza raro che sudasse, Arashi aveva la fronte umidiccia ed era accaldata: per fortuna aveva con sé molta, moltissima acqua, e, doppia fortuna, questa aveva mantenuto una temperatura tale da non somigliare a brodo. Bevve più della metà della borraccia che si era portata dietro e si degnò anche di masticare qualcosa dal suo obento-niglio, prima di riprendere il cammino verso il fitto della Foresta.
    Oltre ai compiti aveva dimenticato in camera anche il suo pratico orologio da polso, fantastico, non aveva la benché minima idea di che ore fossero, ma almeno sapeva di non essersi allontanata troppo: anche se ovattate e con molte interferenze, riusciva a percepire qualche anima conosciuta in giro, ma soprattutto sentiva l’anima di Ayame, dunque era ancora in grado di raggiungerla.

    L’unica pianta che le mancava era la Mandragora, che a differenza delle altre due era totalmente nuova alla nostra Arashi.
    L’Enciclopedia la annoverava tra le piante più usate per rimedi curativi di ogni tipo –cambiava infatti le sue proprietà curative a seconda di com’era preparata– e veniva addirittura usata come calmante o antidoto. Che pianta interessante… e difficile da cogliere. Il libro infatti diceva che la Mandragora emanava delle spore paralizzanti che potevano alla lunga risultare mortali e che queste mediamente cominciavano ad entrare in circolo dopo mezz’ora di esposizione. Visto che la pianta andava colta con le radici, il che implicava dover scavare piuttosto a fondo nel terreno, Arashi sapeva bene che in mezz’ora non ce l’avrebbe mai fatta.
    Chiamare roditori stavolta non le sarebbe tornato utile, né poteva rimanere in apnea per tutto il tempo necessario, doveva inventarsi qualcos’altro se non voleva rischiare di lasciarci le penne.
    Ci pensò su molto strada facendo, mentre aguzzando la vista setacciava a tappeto il terreno; l’illuminazione le venne poco prima che la trovasse: una pianticella apparentemente innocua in mezzo alla conca formata nel terreno da due radici.
    Ed ecco l’idea geniale: dato che sott’acqua riusciva a creare bolle d’aria pura per poter respirare, per quanto poco durassero, in linea teorica avrebbe dovuto essere in grado di crearne pure sulla terraferma… In linea teorica. Era giunto il momento di mettersi alla prova.
    Fece convergere intorno alla sua testa quanta più aria possibile, concentrandola in una bolla che l’avvolse completamente. Era perfetta, riusciva a vedere bene e il suo sistema respiratorio era salvo.
    Non sapeva per quanto sarebbe durata e quante energie le avrebbe portato via, si mise quindi all’opera in fretta e furia.
    Sorgeva un altro problema: non aveva nulla con cui scavare, ma la fortuna le venne in aiuto: il sottobosco era ricco di rametti di ogni tipo e, dopo averne trovato uno che faceva al caso suo, si mise in ginocchio e lo usò come badile.
    Il terreno era piuttosto umido, dato che quella Foresta pareva trattenere dentro sé il vapore acqueo senza più lasciarlo andar via, quindi scavare nel terreno morbido e spugnoso fu, se non una passeggiata, molto meno difficile di quanto Arashi si aspettasse. Nel giro di un’ora aveva riposto anche quella pianta in un sacchetto, curandosi di averlo sigillato a dovere, e richiuso lo zainetto. Proprio un istante prima che la bolla d’aria si dissolvesse.

    La stanchezza le piombò addosso tutta insieme, facendola quasi inginocchiare: dovevano essere passate almeno tre ore dall’inizio della sua ricerca e la schiena, le gambe, la mano urticata e la testa le dolevano tremendamente, i piedi e la pelle le bollivano per il calore e l’afa.
    Solo con uno sforzo di volontà immenso riuscì a tornare da Ayame, l’unico sentimento che la muoveva era la voglia di non deluderla nuovamente.
    Fu tra gli ultimi ad arrivare, tuttavia c’era ancora qualche studente dopo di lei, poté dunque sedersi su una grossa radice e riprendere fiato per un po’, prima che scattasse l’ora del coprifuoco.

    Ayame si sincerò che ci fossero tutti quanti, prima di ripartire seguita dalla sua classe alla volta dell’Accademia.
    Quella sera, nonostante tutta la stanchezza, Arashi aveva già deciso di concedersi un lungo e rilassante bagno.

     
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  3. Chacedy
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    « Chacedy Okiwata »

    Diversamente da Arashi, Chacedy era rimasta in infermeria più del dovuto. Aveva affrontato notti e notti di incubi, per poi risvegliarsi con il taglio sulla testa nuovamente aperto. Come non poteva essere così con la scarsa capacità, del corpo dell'elfa, a reagire a malattie o ferite? Ovviamente non poteva.
    Te la senti di andare a lezione?
    Aveva domandato l'infermiera alla ragazza. Infatti qualche ora più tardi ci sarebbe stata la lezione di erbologia con la professoressa Ayame. Chacedy aveva annuito alla domanda e la ragazza, sulla trentina d'anni, si era raccomandata di fare attenzione. Non era una cosa semplice per una carente di salute come lei, aggirarsi per una foresta, chinarsi, camminare anche una ventina di minuti sotto il sole cocente con un bel taglio di almeno una decina di centimetri di larghezza per tre di profondità. Un bel "taglietto", per così dire.
    Così, un'ora prima dell'inizio della lezione, Chacedy si era alzata dal lettino e si era recata nella sua stanza per recuperare i libri di testo che sarebbero sicuramente serviti. Il libro che discuteva delle creature magiche aveva l'aria molto "vissuta", nonostante avesse una vita di solo qualche mese. Si sa, Chacedy era sempre stata attratta da libri del genere e quel libro l'aveva sfogliato varie volte alla settimana. E anche al giorno. Proprio come fa un bambino che si affeziona ad un libro di favole. L'altro, invece, "L'enciclopedia delle piante curative", era stato sfogliato e consultato giusto qualche volta ed al suo interno era riposta la foglia del compito che aveva assegnato la professoressa Ayame in persona qualche settimana prima. Ora quel libro aveva un'aria più attraente, visto che odorava di natura.
    Fatto questo, decise di cambiare i propri vestiti sudici di sangue e, magari, concedersi una calda ma veloce doccia. Dunque si gettò sotto l'acqua bollente e lasciò che questa potesse scorrerle tranquillamente lungo i capelli e lungo la pelle. Era rilassante, e non poco.
    Passarono dieci minuti, poi uscì dalla doccia e, dopo essersi asciugata, si vestì in tutta calma ed uscì dalla camera.
    [...]
    Procedeva verso il punto d'incrontro a passo calmo e deciso. Un leggero sorrisetto era segnato sul suo viso, interrotto a volte da smorfie di dolore che la costringevano a portare una mano alla nuca. I libri in mano, la benda enorme sulla testa. Aveva scelto nuovamente di indossare uno dei vari indumenti della sua popolazione, siccome le permettevano di trasportare molte cose senza l'occorrenza di uno zaino che le contenesse tutte.
    Quegli abiti avevano almeno venti tasche per parte e contenevano da un coltellino da estrazione, fino ad addirittura la scatola che conteneva lo Shikaromi. Ci mancava solo un elmetto da lavoratore ed un estintore perchè fosse pronta ad un cataclisma di enormi dimensioni. Come biasimarla d'altra parte? Aveva assistito ad un putiferio qualche giorno prima durante la quest, come poteva non pensare al peggio?
    Passeggiando per i corridoi della scuola, le venne in mente che, magari dopo la lezione, avrebbe potuto domandare alla professoressa qualcosa sullo Shikaromi. Chissà, magari lei avrebbe potuto dirle qualcosa che non sapeva. Forse.
    Accelerò il passo, non vedendo l'ora di giungere in classe, magari in anticipo, per incontrare la professoressa che tanto le ricordava la sua mamma. Una volta giunta davanti alla porta della classe, la spalancò ed entrò notando che tra i vari banchi era seduta soltanto la caposezione Arashi. La salutò con il gesto della mano e si accomodò vicino a lei.
    Ciao, posso sedermi accanto a te?
    Domandò divampando in viso.
    Una volta accomodata la classe iniziò a riempirsi di ragazzi e ragazze, ma della professoressa nessuna traccia. Solo alle nove in punto Ayame fece la sua comparsa in modo stranamente ignoto e silenzioso. Chacedy la notò subito, udendo la porta aprirsi, e si voltò seguendo con lo sguardo i suoi passi. Dopo qualche minuto la professoressa attirò l'attenzione della classe chiassosa ed iniziò a parlare delle lezioni che da ora in poi si sarebbero svolte, non tralasciando la citazione della quest. Chacedy non afferrò immediatamente il discorso, intontita ancora dagli anestetici e le varie medicine, poi, nel mentre tutti si stavano avviando verso la foresta, capì emettendo un Aaaah! Ecco! che attirò l'attenzione di gran parte della classe. In quel momento sarebbe voluta sparire dalla faccia della Terra, chissà magari un giorno ci sarebbe riuscita. Avvampò, come sempre, in viso e continuò a procedere a passo con gli altri verso la meta.
    Arrivati a destinazione, Chacedy consegnò la foglia alla professoressa e, successivamente, ascoltò le istruzioni sul compito da svolgere fino al tramonto. L'elfa non tralasciò neppure una parola e, dopo aver annuito, si trovò un compagno di lavoro e si diresse più all'interno della foresta per cercare un'ortica.
    Il compito si prospettava mediamente difficile, data la conformazione delle ortiche, molto simili a molte, moltissime altre piante.
    Cosa ti sei fatta alla testa?
    Domandò il ragazzo dai capelli bruni e gli occhi aurei, Kogiki.
    Oh, una brutta caduta durante la missione nella foresta. Tu.. non c'eri, sei nuovo?
    Rispose l'elfa.
    Si, sono qui da ieri.
    La mente di Chacedy volò al suo primo giorno di scuola, se lo ricordava perfettamente e ancora il cuore le batteva dall'emozione nell'intento di sfiorare quei ricordi. Sollevò lo sguardo verso i vari alberi, assaporandone l'odore. La foresta era rimasta come la prima volta che ci era entrata. La stessa medesima. L'unica differenza era che non dovevano rimanerci per più giorni, trascorrendoci anche la notte. Tra i vari odori si poteva sentire quello della felce, quello dell'erba bagnata dalla pioggia e anche, ma leggermente, era presente quello dell'ortica. Appena percettibile, faceva pensare che non fosse lontana più di tanto. E ce n'era un' enorme quantità localizzata in un unico punto.
    Ci siamo quasi
    Sorrise l'elfa guardando il compagno. Indicò la direzione da cui proveniva il profumo e seguì il ragazzo. Camminarono a lungo in tondo senza trovare traccia della pianta, dunque decisero di passare all'iris. Quello si che profumava ed era facile da trovare, forse. Seguendo una nuova traccia di profumo, si spinsero più verso l'interno della foresta ma ad un tratto Chacedy iniziò a fare strani gesti. Si stava grattando le gambe senza sosta.
    Cosa ti prende??
    Domando Kogiki osservando l'elfa muoversi continuamente.
    Ho un fastidio alle gambe
    Rispose Chacedy mostrando le bolle che aveva su di esse. Erano evidenti irritazioni da ortica. I due, dopo essersi guardati e capiti all'istante, tornarono sui propri passi e trovarono un gruppo di ortiche accanto ad uno di iris. Il posto era fantastico, togliendo i moscerini che svolazzavano da ogni parte. C'era un'enorme varietà di piante e fiori raccolti in un unico posto in armonia con un piccolo laghetto di cui nessuno probabilmente sapeva l'esistenza. In una piccola grotta sulla riva si potevano vedere delle lucciole all'interno illuminarne l'entrata.
    Io penso all'ortica tu occupati del..
    Chacedy si inciampò su una radice e cominciò a ruzzolare giù per il dirupo giungendo accanto alla piccola grotta e rischiando quasi di cadede nell'acqua del lago.
    TUTTO BENE!?
    Gridò Kogiki preoccupato. L'elfa rispose di non preoccuparsi e venne attirata da strani rumori all'interno della piccola caverna. C'erano degli strani gorgoglii e dei pianti. Probabilmente lì nelle vicinanze c'erano delle mandragole. E se così fosse stato, lei e Kogiki avevano fatto jackpot. Si, era proprio da fortunati trovare tutte quelle piante raggruppate in una sola zona. Trasse un fazzoletto da una delle tante tasche e si accurò di fissarlo davanti e naso a bocca, in modo che le possibili spore delle piante non venissero erroneamente da lei inalate. Proseguì nella lunga galleria sotterranea, fino a quando finalmente si ritrovò difronte ad una quantità inspiegabile di mandragore.
    Devo fare attenzione
    Pensò avvicinandosi silenziosamente. Le radici di una mandragora uscivano dalla terra, un'ottima cosa visto che non aveva voglia di complicarsi la vita con strane azioni. Estrasse il coltellino da coltura dalla tasca e cominciò a scavare intorno alle radici in modo che potessero essere estratte senza problemi. Era più complicato di quanto pensasse, infatti ci mise almeno una ventina di minuti a raccogliere ed inserire una mandragora nella tasca impermeabile più grande posta sulla maglia, dietro la schiena.
    Quando tornò fuori, trovò i due libri galleggianti nel laghetto e Kogiki che la attendeva non molto distante da lì, con iris e ortica in due sacchetti ben evidenti. Chacedy si immerse nell'acqua fino al bacino, recuperando i libri, poi tornò al punto di ritrovo con il suo nuovo amico. Le punture di ortica erano guarite per fortuna e Kogiki pareva non essere stato coinvolto in alcun litigio con i terribili insetti rossi, noti per l'infestazione delle piante di iris.
    Ayame li accolse con un grande sorriso, notando che erano riusciti a trovare tutto in pochissimo tempo e senza arrecare alcun danno. I due sorrisero di rimando e si sedettero vicino a lei.
    [...]
    Visto che ancora nessuno si vedeva arrivare nei paraggi, l'elfa decise di avvicinarsi alla professoressa per chiedere qualcosa a riguardo del suo Shikaromi.
    Mi scusi professoressa, ha mai sentito parlare di anime intrappolate in oggetti..?
    Domandò senza accennare in alcun modo all'oggetto in particolare. Ayame la guardò un po' sorpresa.

    ★ LIVELLO 2★ Link Scheda★ Elfo


    Non sapevo se potevo far rispondere Ayame, dunque ho concluso così x3 Spero vada bene.
     
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  4. deadmoon95
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    Nero

    Era appena sorto il sole quando Nero si svegliò di colpo ricordandosi di essere in ritardo per la lezione.
    Non poteva arrivare in ritardo , doveva essere lo studente migliore di sempre , così si preparò tutto di fretta e furia , mise 5 boccette d'acqua nella tracolla e sotto di loro 1 libro e un quaderno.
    Il primo era il codice di sopravvivenza alla foresta mentre il secondo era il quaderno di note e appunti presi durante le sezioni alla biblioteca.Chiuse lo zaino di fretta ed uscì dalla stanza velocemente...Non era distante dalla classe , ma era in ritardo , difatti si mise a correre come un pazzo , rischiò di travolgere infatti una ragazza , si salvò per miracolo.
    Entrò in classe correndo , saltò il primo banco e si sedette subito sulla prima sedia che vide.
    Appoggiò la testa sul banco ed aspettò l'inizio della lezione.
    Non dovette aspettare tanto , perchè tempo 20 secondi e la professoressa era entrata in classe.
    Nero non era mai stato abituato ad ascoltare le professoresse , ma dovette ricredersi , l'insegnante infatti , aveva parlato di una lezione in foresta , un luogo che Nero amava e conosceva come le sue tasche.

    Giunti nella foresta , Nero notò con piacere che non era cambiata di niente , era rimasta la solita bellezza della natura , con alberi alti e belli , una fitta vegetazione e Una gioia agli occhi di Nero , molte farfalle.
    Il rumore delle foglie spinte dal vento , risuonava come una melodia all'interno della radura.
    Ma non erano venuti li per una gita , ma per un compito ben specifico : Trovare e raccogliere 3 piante dagli effetti vari e curativi.
    Aveva solo 4 ore per trovarle tutte.Per sicurezza Nero prese 1 boccetta , l'aprii e la mise dove erano partiti , così da poter tornare indietro.

    La prima pianta da trovare era l'ortica:Pianta dagli effetti curati , benchè irritante per la pelle , un infuso fatto con essa garantisce un'ottima medicina contro scottature o ferite lievi.
    Le caratteristiche della pianta era proprio il fatto che chi la toccare si sarebbe di certo beccato un'irritazione alla pelle e in più le sue foglie seghettate erano delle vere e proprie lame , dunque l'infezione si sarebbe potuta anche espandere all'interno del corpo.
    La fortuna vuole , che le piante di ortica generino un fluido , un gel urticante che Nero poteva subito riconoscere tra tutti gli odori che la foresta emanava , Fu così infatti che Nero la trovò.
    Era posizionata in mezzo ad una fitta radura , circondata da molti Alberi.
    Nero fece così uno scatto , allungò il braccio demoniaco è strappo di netto la pianta riponendola dentro ad un apposito sacchetto preparato il giorno prima per la lezione.Mentre I minuti passavano , Nero si incamminò per trovare la seconda pianta.L'iris.
    L'iris è una pianta rampicante che si trova soltanto in cima agli alberi , dove è protetta da sciami di inzetti , che difendono la pianta essendo la loro fonte di vita.
    La fortuna sfacciata di Nero fu il fatto che gli alberi sulla quale cresceva quella pianta fossero molto riconoscibili , difatti ci mise poco a trovarne 1.
    Era lontano una decina di metri da quel gigantesco albero , secondo il libro che aveva nella tracolla , gli insetti dell'iris erano molto feroci , così volle testare tale affermazione , lanciando addosso un bastoncino che aveva trovato li per terra , e come si aspettava esso venne divorato dagli insetti dell'albero.
    Non vi era altra soluzione , doveva far morire ogni singolo insetto si trovase li sopra , così escogitò un piano.
    Prese 1 boccetta dallo zaino , ne versò il contenuto e ne fece prendere la forma di un piccolo rettangolo d'acqua , proprio sotto l'Iris. Si allontanò fece qualche passo indietro e iniziò a gonfiare il braccio facendolo diventare enorme , tanto enorme da poter spezzare gli alberi come fossero grissini.Difatti fu quello che fece , diede un pugno all'alberò che si spezzò a metà , gli insetti furiosi si precipitarono fuori come aveva pianificato , così utilizò il liquido della boccetta che raccolse tutti gli insetti , facendoli annegare.
    Fece cadere a terra il liquido e si diresse dove era caduta la cima dell'albero , li si piegò e prese l'Iris che venne riposta in un'altro sacchetto.
    Ora toccava alla Mandragora.Non sapeva molto su di essa così si sedette ed analizò ciò che c'era scritto sul suo libro al riguardo.
    La pianta era una delle più utili in campo medico , sopratutto il suo fiore che se essiccato , produce un'elisir capace di poter curare ogni ferita , va colta dalle radici.
    L'unico problema era avvicinarsi ad essa.Come sistema di difesa contro i predatori difatti , produceva una tossina velenosissima , che agiva attaccando il sistema muscolare , l'unica cosa positiva e che il veleno si attivava completamente dopo 30 minuti.
    L'effetto dopo i 30 minuti diventa ancora più devastante , non si occupa solo di attaccare i muscoli , ma si rischia anche l'avvelenamento dei polmoni.
    Per prima cosa bisognava trovarla , anche questa volta la fortuna di Nero era davvero sfacciata , le Mandragore crescono spesso , vicino ad alberi di cellulosa , essi producono un liquido che Nero riesce a percepire grazie al suo potere.
    Non fece tanta strada , camminò solo per 2 ore , sfortunatamente aveva ancora 60 minuti per ritornare al punto di partenza.
    Vide in distanza la pianta , poteva andare li velocemente e prenderla , o usare il suo braccio , ma rischiava di romperla o di danneggiarsi , così fece la cosa più utile che potesse fare:Il sangue è un liquido e come tale può essere controllato da Nero , l'unico modo per andare li e sopravivvere era quello di prenderesi un respiro profondo e andare li in apnea.Rallentando la velocità del flusso sanguigno , Nero poteva rimanere con tanto ossigeno da poter rimanere in quello stato per oltre 50 minuti.
    Così fece un respiro profondo e si avvicinò con calma , si piegò e raccolse dolcemente la pianta prendendola dalle radici e la mise dentro un'altra busta.
    Con tutte le piante nello zaino e una voglia di tornare a scuola , egli si mise a correre e raggiunse in 30 minuti il luogo ove erano partiti nella foresta.Vide che erano arrivate anche altre 2 persone , che naturalmente non conosceva , ma non ci mise molto a convincersi di chiedere una cosa alla professoressa.
    Mi scusi professoressa , vorrei farle una piccola domanda , com'è possibile che il mio braccio reagisca al sangue demoniaco? Infondo sono mezzo-shinigami non sono mezzo-demone.
    Non riuscì a rispondere la prof , poichè era ormai arrivata l'ora di andare.


     
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  5. » A n a t h e a
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    Valutazioni Lezione #3


    Tsukamoto Arashi
    Ottimo, post completo e dettagliato. Complimenti!
    5 STELLE (su un massimo di 5) corrispondenti a 5 pt. exp.

    Chacedy
    Brava, hai inserito anche il punto facoltativo dell'interazione con i compagni NPG. Tuttavia, non mi è ben chiaro come è stato raccolto l'Iris. Oltre al fatto che se ne è occupato l'NPG, non è stato scritto altro e questo ha penalizzato un po' la Valutazione, mi spiace.
    3 STELLE (su un massimo di 5) corrispondenti a 3 pt. exp.

    deadmoon95
    Originale l'espediente di porre una delle boccette d'acqua come traccia per ritrovare la partenza e anche quello utilizzato per raccogliere l'Iris. Occhio a qualche incongruenza passato/presente.
    4 STELLE (su un massimo di 5) corrispondenti a 4 pt. exp.


    Bravi, tutti e tre. Potete aggiungere i pt. exp. guadagnati alle Schede dei vostri PG. ^_^ Ricordate di segnalare la modifica in verde grassetto.
     
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4 replies since 10/7/2012, 11:57   241 views
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