Burst! Act- II

Role chiusa: Sely, Kikyo, Arashi e Volpe.

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    Victor Cross
    Di tutte le notti, quella era una notte particolare. Sì, ci credeva fermamente! In che cosa fosse particolare, se glielo avessero chiesto, probabilmente Victor non avrebbe saputo rispondere. Sapeva solo che quella era una notte particolare, se lo sentiva. Era una notte particolare come tutte quelle che viveva da quando qualcosa in lui si era spezzato - la vita? Il destino che si era riproposto di realizzare? L'equilibro mentale? Chi poteva dirlo -, da quando aveva cominciato a stringere la mano di suo fratello e camminare su strade diverse verso mondi diversi, un po' come due viaggiatori alla ricerca di un ameno luogo in cui trovare finalmente riparo e pace.
    C'erano stati momenti in cui si erano trovati con le spalle al muro, altri momenti in cui avevano creduto di essere assolutamente al sicuro e invece si erano sbagliati, ma alla fine erano giunti lì, in quella grande città di cui lo smemorato Victor non ricordava il nome. A lui non importava di ciò che lo circondava, non più. Aveva smesso di curarsi del mondo quando aveva capito che il mondo lo faceva stare male; allora aveva cominciato a dedicarsi unicamente alle due persone che più amava: sua madre, e, naturalmente, il suo gemello.
    Sinceramente parlando, tuttavia, era stanco di fuggire, rifugiarsi, fare veglie diurne per essere sicuro che il nemico non decidesse di colpire proprio nel momento in cui erano vulnerabili: quando la bellissima e delicata luce del sole sfolgorava in cielo. Victor ricordava bene quello spettacolo, e, sebbene non l'avrebbe mai più visto con gli stessi occhi innocenti di quando era umano, lo serbava gelosamente dentro di sé, in quell'oggetto che gli altri chiamavano 'cuore', ma che per lui era solo uno sgabuzzino in cui gettare tutti i ricordi: in un angolo quelli che lo facevano stare male, a tratti rimpiangere ciò che aveva perduto, in un angolo quelli che lo facevano star bene; di questi ultimi si nutriva spesso. Ne aveva un dannato bisogno, soprattutto quando si trovava da solo.
    E in quei momenti...
    Strinse con più vigore la mano di suo fratello, che camminava di fianco a lui in direzione della scuola. Victor era sempre quello che camminava un passo avanti, perché era incredibilmente curioso sì, ma soprattutto perché voleva essere il primo a scorgere ciò che stavano per incontrare. Se fosse stato qualcosa di bello avrebbe riso, si sarebbe voltato verso Nevius ed avrebbe cominciato a descriverglielo come lo vedeva lui, magari rincarando la dose, con quel suo modo di parlare pieno di 'mica', 'mister' e 'ecco'; nel caso invece avesse visto qualcosa di brutto, si sarebbe voltato verso Nevius e, con un gran sorriso, avrebbe urlato di aver visto qualcosa nella direzione opposta, trascinandolo poi di corsa verso un punto dove in realtà non aveva visto niente, 'mi sono sbagliato', si sarebbe poi giustificato; se, infine, avesse visto qualcosa di pericoloso, in quel caso essere avanti gli sarebbe servito a fare da scudo a suo fratello, oppure, preferibilmente, ad attaccare il nemico prima che questo attaccasse loro.
    Quella sera però, inaspettatamente, i gemelli si divisero. La separazione da Nevius era una cosa terrificante agli occhi di Victor. Era accaduto tutto per puro caso: si stavano dirigendo verso la scuola, la Heiwa Academy, alla quale erano intenzionati ad iscriversi, quando, nell'attraversare la calca che ostruiva le strade cittadine, quella orribile sensazione: la sua mano che scivola via, e poi essere inghiottito dalla folla. Inutile dire che si era fatto prendere dal panico: cosa avrebbe dovuto fare? Tornare a casa? Cercare il più possibile Nevius? Alla fine, preso dal timore che il nemico decidesse di attaccarlo proprio mentre era in un posto così indifeso, scelse di raggiungere l'accademia: probabilmente anche Nevius si stava dirigendo lì.
    Camminò a lungo, guardandosi intorno con sospetto ad ogni passo, ad ogni persona rivolgeva sguardi intimoriti, come se temesse che qualcuno gli saltasse addosso all'improvviso; più di una volta lo fermarono per chiedergli un'indicazione, l'orario, ed ogni volta Victor si voltava con occhi spiritati ed una smorfia talmente terribile da far passare la voglia di parlare ai suoi interlocutori. Così, accelerando il passo sempre più a causa della poca fiducia in quel mondo troppo crudele, raggiunse l'accademia. La prima cosa che fece fu osservarla con occhi grandi, leggermente ammaliato. Ne studiò la forma, le decorazioni, l'aspetto esteriore che, se coincideva con quello interiore, ne faceva una fortezza perfetta per nascondersi.
    Mosse debolmente qualche passo in avanti, quanto bastava per raggiungere il portone d'ingresso, davanti al quale finalmente si fermò. Di Nevius non c'era traccia.
    "Verrà qui, ne sono sicuro."
    Questo si diceva, ma nemmeno lui ne era sicurissimo. Aveva paura. Si sedette piano e si raccolse a riccio, con la testa china sulle ginocchia, e decise che avrebbe atteso l'arrivo di suo fratello. Neanche cinque minuti dopo, come da copione, Victor si addormentò. Per fortuna, essendo schiacciato contro un angolo, almeno la posizione era comoda!



    Aspetto Kikyo che completi il post con Neville ^^ è possibile fare l'ingresso insieme?
     
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    Nevius Cross

    Separarsi.
    Una parola inconcepibile per Nevius, soprattutto se riferita a Victor.
    Sì, era chiaro, tutto questo avrebbe potuto apparire eccessivo agli occhi di un estraneo: i gemelli erano stati costretti a fare a meno l'uno dell'altro per quasi l'intera loro esistenza, come poteva essersi instaurato un rapporto così forte in così poco tempo? Come? Era possibile.
    Victor l'avevano già perso una volta, Nevius non avrebbe mai tollerato di perderlo una seconda. La sola idea che un suo nemico potesse attaccare Victor in un momento di debolezza, ossia quello in cui erano separati e valevano la metà di quello che valevano insieme, lo terrorizzava. Aveva, per questo motivo ma anche per semplice affetto, preso l'abitudine di camminare sempre mano nella mano con lui, come se fossero stati due bambini. Anche la vampirizzazione, anche quella sì, faceva parte dell'intricato intreccio di legami che affollavano la mente del vampiro: nell'emergenza e nella paura, ricordava che tra le tante motivazioni che l'avevano spinto a compiere quel gesto c'erano state la paura di perderlo e la voglia di legarlo a sè; e Nevius non aveva compiuto una follia nè aveva agito in base ad un raptus, era stato lucidissimo prima, nel mentre, nel dopo.
    Separarsi, solo per alcuni istanti.
    "Torno subito"
    Erano quelle le parole con cui Nevius, con un sorriso sicuro di sè ma incrinato come se fosse spiacente di dover pronunciare simili parole, si allontava di consueto, solo per pochi minuti, per poi mantenere la promessa. Non era stato così, quella volta: mentre erano in strada, diretti all'Accademia, la folla li aveva schiacciati e sballottati in due corsie diverse: Nevius aveva tentato di opporre resistenza stringendo più forte la mano del fratello, ma la sentì lentamente sfilarsi e scivolare via e, fatalmente non aveva visto più Victor.
    Aveva tentato inutilmente di chiamarlo ad alta voce, come un forsennato, e a quell'ora di notte certamente non doveva sembrare normale agli occhi della gente, poi a immettersi nella direzione in cui era stato trascinato Victor, ma, ovviamente, non riuscì a intercettare la sua figura. Non gli restò quindi che aspettare che si calmassero le acque e, una volta che la calca si fosse diradata, dirigersi al loro punto d'arrivo in comune: la Heiwa Academy.
    Era arrivato nei pressi dell'entrata secondaria, quella notturna, e, una volta entrato nell'enorme portone, aveva preso a ispezionare l'ambiente circostante.
    Era notevole: stucchi, decorazioni, pavimenti curatissimi, spazi ampi e ariosi ma anche una grande solidità nella struttura, nelle colonne e nelle mura. Chissà se c'erano anche i sotterranei: tutto ciò lasciava presupporre che la scuola fosse il perfetto nascondiglio che lui e Victor si erano augurati al momento dell'iscrizione.
    Già, un nascondiglio: sarebbe stato altrettanto arduo trovare Victor, da solo, in quelle condizioni; e, considerato che Nevius non conosceva ancora bene il luogo e correva il rischio di perdersi, cominciò a valutare seriamente l'idea di incontrare qualcuno per farsi dare delucidazioni e indicazioni sulle diverse aree della struttura.
    Entrò quindi dentro e camminò per il corridoio della hall, cercando con lo sguardo una persona libera e non troppo difficile da avvicinare...





    Non ho l'immagine 150x150 quindi per il momento ne farò a meno, ho paura che con quella grande si sformi tutto lo schema ^^" in ogni caso se non possiamo fare l'ingresso insieme il mio post è scritto come se fosse separato (per ora)
     
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    Sisi, potete fare l'ingresso insieme :) A breve allargherò il forum per il problema del balloon!
     
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  4. Tsukamoto Arashi
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    ~Arashi Tsukamoto

    La cerimonia d'iscrizione era ormai terminata da parecchie ore. Era sera, il sole si era già tuffato dietro all'orizzonte, lasciando in cielo una serie di colori che andavano dal blu scuro nella parte più alta a tinte più chiare in prossimità del sottile confine tra cielo e terra.
    Dal cortile, l'enorme castello appariva come punteggiato da miriadi di lumini: erano le finestre, in realtà tutt'altro che piccole, di stanze e corridoi.
    Nuovi e vecchi studenti che, come era di tradizione, stavano in piedi fino a molto tardi per i primi giorni, sia per esplorare il castello (se erano nuovi), sia per ricercare i compagni (se erano vecchi) o anche semplicemente per curiosare in giro.
    In genere gli studenti erano più che rilassati, nei pochi giorni di 'intervallo' che precedevano l'inizio delle lezioni vere e proprie e la ripresa di un ritmo di lavoro.
    Il clima però era tutt'altro che rilassato per i capisezione, i quali, svolgendo il loro dovere, avevano impiegato l'intera giornata - nel caso di Arashi anche gran parte della notte precedente - a sistemare al meglio l'Accademia e ad accogliere, smistare e guidare gli studenti.
    Rimaneva loro solo un ultimo compito da svolgere: chiudere i cancelli, per poi finalmente concedersi a loro volta del meritato riposo.
    Arashi era sempre molto soddisfatta quando, ogni primo giorno dell'anno, giungevano a quel punto della giornata. Era come se, in un solo giorno, tutto il suo impegno avesse dato i suoi frutti; era una gioia che poteva essere la somma di tutto un anno di soddisfazioni, concentrato in un solo giorno.
    E, beh, poi c'era lui. Il suo fido collaboratore, nonché l'unica persona che si potesse definire a lei amica, una delle due persone per cui Arashi avrebbe dato la vita, e alle quali si dedicava completamente, anima e corpo: Zenko.
    Camminava con lui verso il cancello, talmente vicino a lui che le loro mani quasi si sfioravano.
    Nessuno diceva nulla: erano entrambi stanchi morti, inoltre, sebbene fosse primavera, di sera faceva sempre un po' freschino. Non che Arashi soffrisse le basse temperature più di tanto, tuttavia il freddo la rendeva ancor meno loquace di quanto non fosse di norma.
    Erano a metà strada, nei pressi del grande albero al centro del cortile e il cancello cominciava a intravedersi in lontananza.
    L'oscurità si era fatta più fitta, un brivido scosse il piccolo corpo della caposezione.
    "Non mi piace il buio...." una nuvoletta, confusa e nebulosa, si formò sulla testa della ragazza.
    Istintivamente, afferrò la mano di Zenko. Era una mano grande e calda... in netto contrasto con la sua, piccola e morbida, ma fredda come quella di un cadavere.
    La nebbiolina sulla sua testa assunse sfumature rosastre mentre del rossore le rendeva rosee le guance diafane.
    Imbarazzo? Forse, qualcosa di simile. Sperò con tutto il cuore che lui non si accorgesse di nulla, anche se era veramente poco probabile che accadesse.
    Quando furono giunti in prossimità di un cancello, i suoi sensi scattarono tutti insieme dandole un segnale di allarme. Sobbalzò leggermente e inchiodò, stringendo la mano di Zenko.
    «C'è qualcuno, qui. Vicino al cancello.» sussurrò. Chi mai poteva essere? Un infiltrato? Un intruso? O forse......?
    «Zenko, guardati intorno, per favore, la tua vista al buio funziona molto meglio della mia.» chiese, in tono fintamente pacato. Cominciava ad agitarsi...
     
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    zenkσ

    Il venticello tipico delle sere primaverili soffiava tranquillo attorno all'accademia; qualche lieve buffo si faceva spazio tra le ciocche più lunghe dei capelli di Zenko - quelle che gli contornavano il viso - quasi come se lo volesse accarezzare. La sua espressione era vigile, ma rilassata. Gli occhi sonnolenti e la bocca aperta in una smorfia da cui spuntava un canino, il sinistro. La testa gli faceva ancora male, di tanto in tanto pulsava, ma senza dargli seri problemi, più che altro fastidio. Camminava lento, da parte alla sua compagna d'avventure fissando il sole che lentamente calava davanti a lui nelle tenebre; non mancava altro che chiudere i cancelli. Intorno a loro soltanto uno scia di lucciole luminose appiccicate ai vetri dell'accademia che brillavano di luce artificiale. Tutti gli studenti si erano, probabilmente, trovati un compagno di stanza e avevano iniziato a chiacchierare al barlume dei lumini nei loro dormitori.

    « Dev'essere molto divertente... »

    Pensò assente. Lui, da sempre, aveva avuto una camera singola. Non aveva amici "da andare a trovare" e men che meno poteva fare uscite notturne in altre stanze. Essendo caposezione, non gli era permesso. Forse, solo un paio di volte era andato a bussare alla camera di Arashi, quando perdeva la ragione a causa dei forti attacchi che aveva mentre dormiva. Quanto gli sarebbe piaciuto passare un po' di tempo con lei. Magari di notte, quando il suo dovere non lo impegnava. Non voleva far niente di particolare, qualche parola, e poi se ne sarebbe tornato in camera sua. Certo, gli sarebbe piaciuto, ma non avrebbe mai avuto il coraggio.

    « Però... forse... Perchè no? »

    Drizzò le orecchie e si immobilizzò per qualche attimo; qualcosa di gelato gli aveva stretto la mano, facendogli venir freddo. Era Arashi. Neanche farlo apposta. Sul suo naso si formò presto una linea rosea. Voleva chiedergli il perchè, ma era stato troppo colto di sorpresa e l'imbarazzo gli impediva di aprir bocca, serrata, a formare una esse. Che aveva intenzione di fare? Erano soli, al...buio. Scosse la testa.

    « No, no! N-non.. »

    Fu interrotto. Lei aprì bocca, ma non disse nulla di quello che si aspettava; al contrario, gli chiese di controllare lì attorno. Sentiva la sua mano stringersi sempre di più in quella della ragazza. Aguzzò la vista e fece come gli aveva detto. I suoi occhi brillavano al buio, assumendo un verde più inteso, più chiaro e più scuro allo stesso tempo; annusò poi l'aria e mollò la presa avvicinandosi al cancello con fare "esperto". C'era un'odore diverso, di non umano. Affondò la testa tra le due ante del cancello, tutto partiva da lì, alla sua sinistra. Si guardò attorno, e i suoi occhi, automatici, trovarono subito una figura accucciata lì da parte. Il suo primo pensiero andò ad un povero, svenuto per la fame o malato. Timoroso, ma senza troppo paura - dopotutto c'era una ragazza con lui, non doveva fare brutta figura! - si avvicinò.

    « Hey.. »

    Disse quasi a sottovoce. Dormiva, forse?




     
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    Victor Cross
    Quanto tempo passò? Pochi minuti, un'ora, una vita? Victor immaginò di svegliarsi e trovare dietro di sé un deserto, delle macerie, qualcosa che stava ad indicare che stava dormendo davvero tanto. Però di una cosa era sicuro: una volta svegliatosi avrebbe trovato al suo fianco Nevius: era indubitabile. Victor non poteva concepire una vita senza suo fratello per un semplice motivo: se Nevius fosse morto, lui stesso sarebbe morto subito dopo di lui. Perciò era sicuro di ritrovarlo al momento del risveglio.
    I suoi strani poteri gli stavano facendo vedere molte cose, alcune delle quali curiose, altre piacevoli, altre insopportabili. Era sempre così quando 'sognava', sebbene le visioni di cose che non gli andavano a genio fossero decisamente in maggioranza rispetto alle altre. In quel momento vedeva persone che conosceva, assisteva ai loro drammi senza però farsene parte, guardandoli sempre dall'alto - sì, proprio come le divinità epicuree di cui aveva letto molto tempo addietro -, in rigoroso silenzio.
    Qualcosa però venne a disturbare il suo sonno, ed il ragazzo decise, sebbene a malincuore, di abbandonare quel mondo così invitante per tornare alla cruda realtà: aveva perso Nevius, e doveva fare di tutto per ritrovarlo. Di sicuro suo fratello stava facendo altrettanto.
    Mugolò qualcosa di sommesso, come fanno in molti prima di svegliarsi, quando gli giunse all'orecchio una voce maschile, bassa e pacata, ma non capì bene che cosa gli stesse sussurrando. Lentamente, quasi con noia, aprì gli occhi, rimanendo immediatamente abbagliato dal chiarore sprigionato dalla luna: quanto fastidio gli davano le luci di ogni genere, maledizione! Che pessimo risveglio!
    Dovette sbattere più volte le palpebre prima di abituarsi finalmente alla già poca luce, e quando spostò lo sguardo ancora un po' assonnato su chi l'aveva destato... per poco non gli brontolò rumorosamente lo stomaco. D'un tratto ricordò tutto: era lì per cercare Nevius, o, in alternativa, qualcuno che l'avesse visto o che potesse aiutarlo. Ecco, quella era la sua occasione d'oro.
    A svegliarlo erano stati due strani tipi, strani a dir poco agli occhi del vampiro, che sollevò un sopracciglio guardandoli con fare molto curioso. Erano un ragazzo e una ragazza più o meno della sua età: lei sembrava uscita da qualche confezione di quelle bambole di porcellana che non gli erano mai piaciute, era più bianca di lui e molto, molto, molto minuta; lui invece era uscito da un qualche libro di favole, dove ci sono quei principi azzurri tutti acqua e sapone. Sì, insomma, una di quelle coppie perfette delle favole che gli avevano raccontato da piccolo, e si tenevano pure per mano.
    E' una cosa molto cattiva da esprimere, ma noi ci atteneremo ai fatti oggettivi. Victor non sapeva se ridere o piangere. Dove cavolo era finito?
    Beh, una cosa era certa: aveva una gran fame e quei due sembravano dei buoni spuntini. Il suo primo istinto fu quello di saltare addosso a entrambi e fare merenda, ma gli venne presto in mente che erano lì per mettersi al sicuro, ed attaccare i primi che passavano non era di certo un buon modo per cominciare.
    A malincuore, perché per lui rinunciare a un pasto era peccato mortale, ma la sicurezza di Nevius e di loro madre era una cosa infinitamente più importante. Fu così che sul suo niveo viso si allungò un piccolo sorriso gentile e pacifico, quasi infantile.
    «Mi sono addormentato...» sussurrò gentilmente, per poi chiudere le spalle e ridere sommessamente «Menomale che mi avete svegliato!»
    A quel punto si mise in piedi, con un movimento fluido e scattante, un po' come quelle lucertole che si muovono con tanta velocità e scioltezza da confondere. Si guardò intorno con gli occhi inondati di luce ed ancora un po' doloranti, quindi estrasse dalla tasca un portafogli, dal quale fece sbucare una piccola tela grande quanto un suo palmo che mostrò ai due: era l'unico tipo di fotografia a cui potevano accedere i vampiri, il ritratto.
    Mostrava Nevius, quel ragazzo in tutto e per tutto uguale a lui, la cui unica differenza stava nella pigmentazione azzurra delle iridi.
    Candidamente chiese «Avete visto questo ragazzo in giro?»
    Eh no, così non andava bene!
    Un'altra risata appena accennata «No, non sono pazzo. Siamo in due: è mio fratello gemello; ci siamo persi di vista poco fa e lo sto cercando... Sareste così gentili da aiutarmi?»
    Ripose il ritratto e si abbandonò ad un sorriso gentile ed assolutamente innocuo: chi mai avrebbe pensato che dietro una persona così pulita vi fosse un crudo assassino? Molti. Non era poi così difficile da intuire.


     
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    Nevius Cross

    Il tempo scorreva, lento.
    Nevius aveva l'impressione di trovarsi intrappolato in una favolosa ampolla di vetro scintillante per poi scoprire, con il prurito dei primi granelli di sabbia che gli piovevano sulla schian, di essere intrappolato in una clessidra senza via di scampo: il tempo era uno stillicidio e, mentre intorno a lui non cambiava niente, sarebbe finito certamente per l'annegare in quel limbo senza neppure trovare Victor. Alla fine, decise di prendere su di sè il rischio.
    Tornò al portone che l'aveva condotto all'interno e poggiò entrambe le mani sui battenti. Uscire fuori, sì, era un rischio: egli era un vampiro e, nonostante avesse degli attimi di scarto per resistere alla luce, qualora fosse sopraggiunta l'alba avrebbe rischiato nella migliore delle ipotesi di procurarsi delle ustioni su ogni parte del corpo non adeguatamente coperta. Fosse stato umano a quel punto avrebbe preso un bel respiro e si sarebbe detto "ce la farò", ma Nevius era un vampiro e quindi spinse con decisione la porta, spalancandone le ante, e si incoraggiò solo con un sorriso.
    Fu come se spalancare la porta fosse stato l'avvio di un cronometro: da ora in poi aveva poche ore per trovare Victor -che se non era dentro l'istituto era certamente fuori- ed era fiducioso di riuscirci e di portarlo dentro prima del sopraggiungere dell'aurora. Poi avrebbero dormito nascosti da qualche parte nella scuola, ma si sarebbero arrangiati per quella volta.
    Sgattaiolò con il vantaggio delle ombre nei vari meandri del cortile -sembrava quasi fosse stata una giungla, wow! Doveva dirlo a Victor quando l'avrebbe incontrato- e ammiccò gli occhi per aguzzare la vista. Ancora niente.
    Ma dopo una buona mezz'ora di pellegrinaggio a vuoto, si imbattè in tre figure: subito cercò di identificarle. E a vista d'occhio si poteva comprendere che erano entrambi ibridi: si sentì quasi di compatirli, a lui non piacevano le cose lasciate a metà e immaginava quanto dovesse essere penoso essere relegati in una condizione del tipo "non sei nè questo nè quello" ed essere emarginati da entrambe le categorie vincenti. Quando si imbatteva in questi casi sentiva quasi la fortuna inflare e diffondersi in lui con un senso di benessere.
    Quanto al resto, i due non avevano niente da invidiare a un qualsiasi altro essere vivente: innanzitutto erano pacifici, o almeno così pareva a prima occhiata, e fisicamente erano entrambi oggettivamente attraenti; la ragazza per il suo fascino laccato, i lineamenti e la carnagione come porcellana, i lunghi e morbidi capelli albini, il ragazzo per l'atteggiamento timido ma spigliato, i profondi occhi chiari e queggli attributi canidi che facevano tanto "furry". Nevius li catalogò immediatamente come una coppia, o meglio come la coppia "ideale". La perfetta no: lui era nella coppia perfetta.
    E quando si accorse che il terzo ragazzo era Victor e che stava dispensando informazioni su di lui fece un gran sorriso e andò incontro tutti e tre, dalla parte opposta di Victor. Visti dall'alto, potevano sembrare quasi i quattro punti della croce: a est e ovest Victor e Nevius, a nord e sud Zenko e Arashi.
    "Buonasera!"
    Sicuramente non era stato notato, quindi salutò per far voltare tutti e, ovviamente, per buona educazione. Levò un braccio in alto ondeggiandolo lentamente per richiamare Victor con il saluto, ma non sorpassò Arashi e Zenko perchè avrebbe significato dar loro le spalle, ossia maleducazione e imprudenza.
    "Che pensiero gentile da parte vostra! Prendervi cura di mio fratello mentre non c'ero!"
    Le cose non stavano proprio così e anche Nevius ne aveva una mezza idea, ma parlò comunque come se i due avessero avuto una reale iniziativa nella questione. Gli erano comparsi davanti o, nella terminologia di Nevius, in mezzo: dunque erano coinvolti. In questo caso, coinvolti in bene. Volse a Victor un sorriso spiacente come a dire "Mi spiace! Ti ho fatto preoccupare?" e gli tese la mano.






    All right! Mi scuso per il tempo che ho impiegato a scrivere tutto, non volevo esasperarvi, ma ho impiegato lo stesso tempo all'incirca che avete impiegato voi e ricordo che eravate molto impegnati in una role d'accoglienza ad un'altra utente...in ogni caso, con i prossimi post ci regoliamo meglio ^^
     
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    Tranquilla, non accusiamo mica nessuno o.o
     
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  9. Tsukamoto Arashi
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    Non preoccuparti, non mangiamo nessuno... se proprio proprio puoi rischiare di andare a finire in 'Filo Diretto' con un warning, ma quello succede solo in casi veramente estremi X°DDD
    Comunque, entrambe non avete precisato se voleste la valutazione o meno >___<



    mypictr150x1501

    ~Arashi Tsukamoto

    Non appena Zenko si sporse dal cancello, Arashi gli fu dietro e gli afferrò una manica, come a dirgli “fa’ attenzione…”. Tutta quella storia le piaceva pochissimo, tra l’altro l’anima di quello che a prima vista al buio poteva apparire come un ammasso di vestiti era quella di un vampiro. Arashi non si fidava per niente dei vampiri, li temeva e li ammirava allo stesso tempo. La prima volta che ne vide uno, fu un anno e mezzo fa, durante uno dei frequenti assalti alla Heiwa da parte delle creature della fortesta.
    Ebbene sì, nonostante la politica non violenta portata avanti dalla Heiwa , spesso anche la stessa veniva coinvolta in bisticci e battaglie sia contro gli umani sia contro i non-umani in disaccordo con le idee dell’Accademia, ed erano tutti ugualmente pericolosi nonché violenti.
    Durante quell’assalto, la barriera protettiva invisibile che avvolgeva e avvolge tuttora la scuola era stata infranta da un essere del quale non si conoscono né l’entità né l’aspetto. Di lui si sa solo che era infintamente potente, per riuscire a far breccia nella barriera eretta da Preside e insegnanti.
    Quell’assalto fu disastroso non tanto ‘fisicamente’ quanto ‘psicologicamente: infatti fortunatamente i nemici furono respinti prima che potessero ferire gravemente gli studenti o danneggiare irreparabilmente le strutture… tuttavia lo spavento generale e le polemiche che sorsero in seguito riguardo alla sicurezza della scuola danneggiarono fortemente l’immagine della Heiwa, al punto che si parlò pure di chiusura.
    Quella volta tutto si risolse per il meglio, tuttavia tra chi ricorda quella notte la paura di un nuovo assalto è sempre presente… soprattutto in Arashi, che per la prima volta aveva temuto non tanto per la sua vita quanto per quella dei suoi due amati e degli studenti.
    Certamente una notte da dimenticare, e lei c’era quasi riuscita, se non fosse che in quell’istante, quando aveva avvertito l’anima di quel tale. Quel giorno erano stati i vampiri ad attaccar battaglia, e Arashi si era ritrovata quasi faccia a faccia con uno di loro… non era stata una bella esperienza, per nulla.
    Da quel giorno, come si può ben dedurre, Arashi ha una sorta di …avversione…nei confronti di quella specie. E già quella mattina si era trovata ad accoglierne, a scuola. Se solo avesse potuto lei avrebbe… no, non avrebbe potuto niente, era troppo piccola e troppo debole, per il momento, senza contare le grane che ne sarebbero derivate se la caposezione si fosse messa ad attaccare i primini.
    Trovandosi davanti a quel vampiro - anche se dalle condizioni in cui era la sua anima pareva parecchio indebolito – l’aveva subito messa in allerta. Guardare poi la sconsideratezza e l’imprudenza del suo Zenko, che con una sicurezza quasi spavalda si era avvicinato a soccorrere quel tizio, l’aveva mandata su tutte le furie, tanto che le guance, un po’ per il freddo un po’ per la rabbia, le erano diventate rosa.
    ”COSA DIAMINE STAI COMBINANDO, IMPRUDENTE!” gli avrebbe volentieri urlato in faccia, se non avesse avuto quella vocina per cui anche un urlo sarebbe risultato come un sussurro.
    Intanto il nostro ‘ammasso di vestiti’ si era mosso e aveva biascicato qualcosa, un po’ come fanno quegli umani quando si svegliano male, poi si era alzato e li aveva guardati un attimo.
    Anche lei lo fissò attentamente: certo che per essere un vampiro era un bel ragazzo…altro che quel mostro con cui aveva avuto a che fare. In particolare, del ragazzo-vampiro che aveva davanti in quel momento colpivano molto gli occhi color oro, che risaltavano ancor di più nella penombra in cui il terzetto era immerso. Il tizio era alto a occhio e croce quanto Zenko e aveva un viso dai tratti delicati.
    Chiese loro informazioni su qualcuno che doveva essere il suo fratello gemello, mostrando loro un suo ritratto.
    Onestamente, Arashi non aveva visto né l’uno né tantomeno l’altro dei due, ma prima ancora che potesse aprir bocca per rispondere, una voce la fece voltare.
    Come se fosse stato richiamato da un’altra dimensione, dietro di loro si era materializzato il ‘desiderato’,che con tutta calma aveva dato uno sguardo al fratello e gli aveva teso una mano.
    ”Se questo è il modo di trattare il proprio fratello…dimenticarlo in giro per strada. Bah.” Pensò, alzando un sopracciglio.
    La mano tesa del giovane, però, le ricordò che lei stava ancora tenendo la manica del suo volpino, cosa che la fece arrossire vistosamente (forse per la primissima volta in vita sua). La lasciò bruscamente cercando di far svanire l’imbarazzo e pregando che gli altri non si fossero accorti di nulla. Ah, Zenko non se n’era accorto di sicuro, era davvero troppo scemo quel ragazzo, probabilmente in quel momento stava fissando intensamente qualche insetto come aveva fatto per tutto il pomeriggio.
    «… Siete per caso giunti qui per iscrivervi all’Accademia? In tal caso siete…come dire…in un ritardo stratosferico. La cerimonia è finita ore e ore fa e gran parte delle camere sono state assegnate.» li avvertì, con tono mellifluo e sguardo innocente, come a scusarsi di un inconveniente che non era stato neanche provocato da lei.

     
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    zenkσ

    Indietreggiò un attimo quando il tizio a terra si mosse. Non si aspettava proprio che si svegliasse con così poco, a lui nemmeno un esercito di trombettieri bastava. Fissò la figura alzarsi cautamente, portando le soffici orecchie, annerate in punta, indietro. Zenko di norma era stupido, ma in certe situazioni diventava più scaltro che mai. Socchiuse gli occhi e lo scrutò attentamente. Notò ben presto che quest'ultimo fece lo stesso e mosse di conseguenza la coda infastidito. C’è da dire che pareva avere vita propria.

    « Che ha tanto da guardare? E' lui l'estraneo qui. »

    Piano piano la sua espressione si faceva sempre più perplessa. Passarono i minuti, e il canino al bordo destro del labro superiore minacciava di uscire fuori, a punzecchiargli il mento. Socchiuse e riaprì gli occhi in un attimo; gliene serviva , al tizio, di tempo per alzarsi! Zenko era giunto a pensare che fosse lì a dormire da giorni e non soltanto da qualche ora! Era talmente indolenzito da far concorrenza a un vecchio! Spazientito, decise di spiccicare parola, era stufo di star lì ad aspettare i suoi comodi, e per giunta gli era venuto pure freddo!

    « Dunq...» « GHGHHHGHG!!!!»

    Perchè doveva sempre accadere? Perchè DIAVOLO ogni volta che voleva parlare, gli si parlava sopra? Accidenti! Scosse la coda più forte, quasi a sembrare un serpente che si contorceva per un dolore immenso. Anche se la sua mente viaggiava nel mondo degli insulti, le sue orecchie catturarono lo stesso tutto quello che disse quel che sembrava un ragazzo, contro il suo volere. Quest'ultimo gli mostrò ben presto una foto, no, un ritratto. Gli occhi del volpino si focalizzarono su di esso quasi fossero due obiettivi, intenti a fotografare un soggetto interessante. Era fatto davvero bene, ma non servivano documenti di nessun genere per entrare nell'accademia. Si accorse solo dopo che non si trattava della stessa persona che aveva di fronte, ma bensì di un'altra identica al tizio, il suo gemello. La bella addormentata del cancello gli aveva appena domandato se l'avesse visto. Zenko amava la caccia. Che sia al tesoro, alla preda, al nulla, lui l'amava. Dimenò la testa a destra e a sinistra in cerca di una traccia, ed ecco che se lo trovò davanti.

    « Checcazz?! »

    Sgranò gli obiettivi. Aveva davanti un ragazzo identico al primo! Con fare infantile, disse subito.

    « Eccolo, eccolo! Trovato!!! »

    Si agitò tutto. Non pensava di essere così bravo! Ci sperava davvero in un premio…Se l'era meritato, no? D’altro canto, Arashi, quasi presa da una scossa elettrica, mollò la presa dalla sua mano, non appena le due copie si misero davanti a loro. La fissò per un attimo, come per capirne il “perché”, ma non ci badò molto, d’altronde non se n’era accorto per tutto il tempo. Al contrario ascoltò quello che aveva da dire ai due. Erano in stra-marcio ritardo, dopotutto. Praticamente stavano per chiudere la baracca e andare a nanna! Oh, no, forse lui sarebbe andata a trovarla veramente, nel buio. Mentre fantasticava con la mente, annuiva di tanto in tanto, come per dar ragione alla sua compagna, pensando a come avrebbe potuto compiere la sua pazzia la notte stessa.



     
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    Hai ragione, Arashi! >__< non so perché ma ero convinta che bisognasse chiederlo alla fine della role, sono proprio baka! >__< *si fa piccolina* per me va bene la valutazione! Mi piace essere smontata XD scusate il post poco indecente, ma in questi giorni sono malata e non volevo farvi aspettare oltre ^^" e perdonate Victor, tranquille, non morde nessuno ^^


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    Victor Cross
    La sua presenza, lì, stava dando davvero fastidio. Victor capiva che trovarsi faccia a faccia con un vampiro non era una cosa piacevole - lui stesso, da umano, aveva nutrito un fortissimo terrore verso quella razza -, dunque non si aspettava nessun trattamento di riguardo, soprattutto considerando il modo leggermente imbarazzante in cui si era fatto trovare: addormentato davanti al cancello, che figuraccia! Sarebbe stato davvero illogico se i due che aveva davanti non avessero mostrato un minimo di diffidenza.
    Tuttavia questo è un discorso che farebbe una persona con un po' di sale in zucca, mentre Victor aveva perso completamente il senno già da molto tempo, e non poteva fare a meno di sentirsi un po' triste mentre notava l'ostilità quasi palpabile nell'aria attorno a loro. Doveva forse andarsene? Magari, si disse, Nevius non era affatto lì e lo stava aspettando a casa, assieme alla loro cara madre.
    Nel momento in cui lui cominciò a parlare, il ragazzo provvisto di coda ed orecchie cominciò ad alterarsi, Victor lo notò però solo grazie ai movimenti ritmici e rigidi della coda, sbattuta a destra e a manca in un modo non troppo diverso da quello di un serpente in danza. Cominciò a credere che il lupetto si stesse trattenendo dal saltargli addosso e sbranarlo solo perché c'era quella ragazza - che Victor rinominò 'cadavere' per il suo aspetto tutt'altro che vivo -, con la quale si teneva candidamente per mano.
    "Oooh, la carie..." pensò, mentre inclinava il capo senza abbandonare il suo sorriso sereno e giocoso, in attesa di un qualche responso dai due sconosciuti.
    E poi, come si dice, 'parli del Diavolo e spuntano le corna'? Ecco, giunse il Diavolo. La voce di Nevius spezzò quell'attimo si silenzio che si era instaurato, e se Victor avesse avuto a sua volta una cosa sicuramente si sarebbe messo a scodinzolare. Sollevò due occhi ora più grandi e felici, come quelli di un bambino davanti al regalo di Natale più grande di tutti, e, per usare una metafora, il suo cuore si alleggerì.
    «Neeeville!» esclamò felice, quindi si catapultò tra le braccia del fratello.
    Se Nevius aveva fatto una giusta considerazione pensando che non si dovevano dare le spalle a due potenziali nemici, a Victor non era nemmeno passato per la testa; lui aveva visto la persona che amava e gli aveva gettato le braccia al collo, esattamente come, immaginò, avrebbero fatto anche quei due con cui aveva fatto conoscenza.
    «Lo sai che mi sono spaventato, sì? D'ora in poi il primo che ci divide lo sbrano!»
    Probabilmente, se avesse potuto, due grandi rossori di vivacità gli sarebbero venuti sulle gote.
    Nel frattempo il volpino aveva cominciato a dar fuori di sé per la gioia di aver trovato la 'preda', e Victor, che nella sua visione leggermente malata stava prendendo quella scena come un gioco divertente, gli si avvicinò nuovamente con un movimento disinvolto, carezzevole e... velocissimo.
    Si frappose tra i due che si erano lasciati a vicenda le mani, le quali prese con le proprie fredde, morte. Si voltò nella direzione del ragazzo e gli fece un gran sorriso allegro e grato «Sìiii, lo hai trovato! Grazie mille, mister! Siamo una buonissima squadra!»
    Poi, si voltò verso la bambina bianca. Nel farlo, stette bene attento a voltarsi in modo che soltanto Nevius, in posizione perpendicolare alla loro, potesse vedere il suo viso, sul quale si dipinse un mezzo sorriso davvero poco raccomandabile «Sì, davvero buonissima
    Poi, con l'ennesimo gesto veloce, lasciò i due e tornò a dirigersi verso suo fratello, accanto al quale si fermò, con le mani dietro la schiena e l'ennesimo sorriso giocoso sul volto.
    «Parlavate di ritardo? Avete ragione, scusate! E' che col sole alto in cielo rischiamo molto, quindi abbiamo preferito aspettare il tramonto. Ci accontenteremo di tutto purché siamo insieme. Dico bene?» lanciò uno sguardo felino a suo fratello, aspettando le sue parole. Qualsiasi cosa avesse deciso Nevius a lui andava bene.
    Prese la sua mano con la propria, perché di perdersi lui ne aveva davvero abbastanza. Perdersi non era un gioco come lo era invece sgozzare un pezzo di carne.


     
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    Vabbeh , ormai lo sapete tutti XD!

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    Nevius Cross

    Qualcosa non andava?
    Non che gli fosse passato per la mente di essere giunto in un momento inopportuno, anzi, era persuaso che il suo intervento avesse semplificato di molto le cose...o le ricerche in tal, caso.
    Degli occhi di Victor non aveva di che dubitare: li sgranò in quel suo sguardo trasognato e fanciullesco, uno sguardo che non mentiva mai -non a lui, almeno- e che gli comunicava il suo sollievo anche senza bisogno di parole. Aveva già teso una mano, quindi allargò entrambe le braccia per accogliere Victor nell'abbraccio da lui ricercato e dare slancio ad entrambi: una mano la spiegò ampia lungo la schiena per carezzargliela e tranquillizzarlo a modo suo, silente, ma soprattutto a proteggere il fianco che Victor aveva mostrato, e poggiò il mento sulla spalla di lui, sorridendo placidamente, in modo da essere a contatto ravvicinato con lui ma anche di estendere lo sguardo oltre.
    E li vedeva, gli occhi degli altri due.
    "Mi dispiace!"
    Gli disse, ricordando l'accaduto: erano stati imprudenti, sì, ma avrebbero fatto più attenzione la volta seguente. Probabilmente la principessa di porcellana non sbagliava a giudicare la sua incoscienza inarcando il sopracciglio in segno di dissenso, ma Nevius non vi diede peso o non volle darvi peso. Lasciò andare Victor che, repentino, si posizionò esattamente tra i due, complimentandosi con il canide: il vampiro a sentire quella conversazione non potè fare a meno di sgranare anche lui gli occhi -sempre con quel sorriso arcuato pietrificato in faccia- nella loro direzione domandandosi che tipo di scommessa o ricerca avessero intrapreso i due: sembrava divertente. Sì, quasi quanto l'aver visto di sfuggita la timida effusione dei due innamorati perfetti e il tentativo da parte della giovane albina di dissimularla: ma di cosa aveva paura, del giudizio di uno dei due gemelli, estranei? Che cosa strana, considerò Nevius, vergognarsi di provare affetto per una persona. Come se del resto non sapesse che la sua opinione, ragionevolmente, non contava affatto per nessuno dei due estranei: dov'era il problema dunque?
    Si distrasse parlando della festa d'inaugurazione con gli altri: Victor aveva certamente avvertito qualcosa, l'aveva intuito dai suoi sguardi ma non aveva lanciato alcun segnale visivo di rimando, altrimenti i due se ne sarebbero di certo accorti; lui era stato meno perspicace, ma era dovuto anche al poco tempo che aveva avuto per osservare i due.
    "Ovviamente. Siamo qui per studiare" Che domanda sciocca che aveva rivolto l'albina: era forse più ovvio per dei vampiri iscriversi a una scuola per banchettare?Come se i vampiri esistessero solo per dissanguare la gente: loro non erano così limitati, quindi i suoi timori erano decisamente infondati. E, quando si accennò all'inaugurazione, Nevius si lasciò sfuggire un lungo "uuuuuh!" stringendosi nelle spalle, rammaricato.
    L'osservazione di Victor era più che giusta, ed era ciò che aveva in mente anche lui, sebbene con più malizia: se la festa era di giorno, i vampiri non erano certo i benvenuti.
    "Che peccato, ci siamo persi la festa! Pazienza, non se ne poteva far nulla: di giorno noi dormiamo. Quel che importa è che siamo in tempo per le lezioni." intercettò allora lo sguardo del gemello, scoccandogli un'occhiata sagace e compaciuta "Esatto! E' andata proprio così! Ma recuperemo con un bel pigiama party, che ne dici?"
    Pigiama party? Perchè no? Dopotutto non scherzava.
    Quando Victor gli prese la mano intrecciò le dita fredde tra le sue, sereno, e poi si rivolse al volpino, quello che dei due sembrava il più giocherellone. Non aveva ben capito se i due avevano intenzioni pacifiche o ostili, ma non amava la gente che litigava senza motivo quindi, qualora l'opzione fosse stata la seconda, avrebbe cercato di stroncarla sul nascere se possibile.
    "E' stata emozionante l'inaugurazione?"




    Vada per la valutazione anche per me :wink:
     
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  13. Tsukamoto Arashi
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    ~Arashi Tsukamoto

    Arashi assistette immobile alla scena. Quei due si stavano….abbracciando ? In pubblico?!
    Beh, probabilmente lei avrebbe fatto lo stesso con Zenko se lo avesse rivisto dopo parecchio tempo, non poteva immaginare un solo giorno senza di lui. Non che ne fosse innamorata, sia chiaro! Però… era così. Era così e basta.
    Invero quei due avevano un che di carino e inquietante. Il in cui si guardavano, il modo in cui quello che doveva chiamarsi Nevius accarezzava la schena a Victor, il loro tenersi per mano… faceva pensare a una coppia di fidanzati piuttosto che a due fratelli gemelli. Era…come lo chiamavano…incesto? Beh, di certo le questioni amorose tra i due gemellini non erano affar suo: come se avesse anche tempo da perdere per pensare ai sentimenti altrui, quando neanche riusciva a capire se ne aveva di propri.
    Mentre ancora stava nuotando nei meandri del fiume dei suoi pensieri, qualcosa la strappò a forza da quel flusso disordinato di parole e concetti, una voce, due parole accompagnate da uno sguardo tagliente, minaccioso sinistro.
    Rabbrividì. Ma che diamine voleva quello spilungone da lei?!? Aaah adesso gliel’avrebbe fatta vedere lei, gli avrebbe dato DAVVERO un motivo per guardarla così… No. Non poteva. Lei era la Caposezione, era una sorta di guida all’interno della scuola, doveva rimanere composta, essere gentile con tutti, divnentare una sorta di marionetta, privarsi delle emozioni…
    Solo dopo che fu riuscita a riprendere il pieno controllo di sé e a riottenere la sua spettrale espressione neutra, aprì nuovamente bocca.
    ”Capisco. Ero a conoscenza del fatto che voi vampiri aveste questo….problema, con la luce solare, chiedo scusa per non averci pensato subito...”
    Poverini, da un canto li compativa. Anche lei non poteva stare esposta al sole per tempi prolungati, ma lei risolveva comodamente la situazione proteggendosi dai raggi ultravioletti con un parasole…mentre loro non avevano alcuno ‘scampo’ se non rimanere rintanati tutto il giorno e uscire solo di notte. Le venne anche in mente che il loro poteva rappresentare un significativo problema anche per lo svolgimento delle lezioni: quale insegnante avrebbe accettato di rimanere sveglio tutta notte per far lezione a due studenti o poco più ? Ma il dubbio abbandonò presto la sua mente: Burst aveva mille risorse e sicuramente aveva già pensato anche a una soluzione per gli studenti vampiri notturni. Eh sì, notturni, perché sebbene alla Heiwa ci fosse sì una piccola percentuale di studenti vampiri, essi frequentavano le lezioni diurne come tutti gli altri e non avevano particolari problemi a passare qualche oretta all’aperto…
    ”Certo che son proprio strane creature… ma chi sono io per distinguere lo ‘strano’ dal ‘normale’?”
    ”Ad ogni modo, benvenuti alla Heiwa Academy. Prego, seguiteci, se siete iscritti all’Accademia avrete di sicuro una camera assegnata…
    Così dicendo alzò il ditino indice verso l’alto e –come fosse apparso dal nulla- un registro finì tra le mani di Zenko e un bloc-notes dalla copertina ricamata a rose tra quelle di Arashi.
    ”Beh, Zenky, sei tu che gestisci i dormitori maschili, controlla un po’ controlla un po’?”
    Intanto lei guardava la lista dei nomi degli iscritti che aveva nella sua sezione , Luminous Star: non tanto perché fosse diffidente nei confronti dei due ragazzi al punto da credere che tentassero di entrare nella scuola clandestinamente, quanto perché quella era la prassi e lei era solita rispettarla in ogni suo più piccolo e inutile punto.


    Edited by Tsukamoto Arashi - 4/11/2011, 23:33
     
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    zenkσ

    Zenko fu pervaso da gelidi brividi quando il vampiro –quello che pareva il più simpatico- si intromise tra lui e Arashi stringendogli la mano. Fu tentato, ma alla fine si trattenne dal staccarsi da quella morsa gelida. Cercò di non badarci, o almeno fin quando il vampiretto non gli stampò in faccia un mega-sorriso. Come poteva, lui, Zenko, resistere ad un sorriso? Lo ricambiò e fu ben presto rapito dai suoi complimenti.

    Eeeeeeeeeeh! Non c’è nessuno bravo come me, vero? Qual’è il mio premio??

    Esultò. Nella sua mente pensava davvero a un piccolo premio, dopotutto era stato davvero bravo. All’infuori di quel che poteva essere un gioco, era riuscito subito a trovare quell’individuo, nascosto nell’ombra. Era appena arrivato, ma se fosse stato lì ad origliare da più tempo, dubito che qualcun altro se ne sarebbe accorto. Non notò subito come i due fratelli si strusciavano tra loro, Zenko, purchè intelligente, non era così sagace (il che è strano per una volpe) e poi aveva un premio a cui pensare. Cosa sarebbe stato? Era curioso. Proprio non riusciva ad immaginarselo.

    Chissà, chissà cos’è!

    Attendeva con ansia il verdetto, scodinzolando e muovendo a scatti l’orecchia destra, come se avesse un tic. Finalmente il vampiretto aprì bocca, ma non ne uscì niente al riguardo. Solo cose di scuola. Solo cose riguardanti l’Accademia. L’Accademia. L’Accademia. Gli si incurvarono leggermente le labbra, verso il basso. Il solito canino sporgeva all’infuori.

    L’Accademia… Quanto tempo è passato, da quando mi hanno portato qui? Tanto, e la storia è sempre rimasta la stessa.

    Tutti si rivolgevano a lui, il capoclasse, solo per fare le solite domande e aspettare le solite risposte. Il rapporto studente-capoclasse non poteva uscire da quei confini.

    Frattanto i fratelli vampiri spiegarono il perché del loro ritardo -una giustificazione più che giustificata- finendo il discorso in un stretta reciproca di mano. “Pigiama Party” fu l’unica parola che fece tornare l’attenzione al nostro volpino. Ne aveva sentino parlare, ma non l’aveva mai fatto. Se non sbagliava, si trattava di una piccola festa, all’infuori delle regole, in cui si faceva incursione in una camera da letto con altra gente. Non bisognava per forza essere invitati, stava anche qui la sorpresa. Una volta raggiunta la camera si potevano fare le più svariate cose. Leggere, mangiare, giocare, raccontare storie o semplicemente parlare. Tutti insieme. Non come semplici compagni di scuola ma come amici. Nei suoi occhi balenò un picolo bagliore per un attimo e la sua espressione si fece più serena.

    Stasera farò il mio primo pigiama party. Puoi dire giuro.

    Non ci vuole davvero nulla, per renderlo felice.
    Nel frattempo anche Arashi smise di parlare. E lui, da bravo capoclasse, non era stato attento ad una sola parola. Solo quando la sua collega fece il suo nome, saltò in aria pensando di aver combinato qualcosa. Nulla di grave, per fortuna! Voleva solo che parlasse ai due dei dormitori.

    Ehm.. b-beh, di camere ce ne sono molte ancora libere. Penso che voi due vogliate stare insieme, giusto? Non ci sono problemi, vi si deve solo affidare una camera.

    Si grattò la testa, felice. Non vedeva l’ora di “andare a letto” per escogitare il suo piano e andar contro le regole, per una volta in 9 anni di assoluta ubbidienza. Eggià. Il nostro Zenko, nel suo piccolo, stava crescendo.



    Volpe si scusa di non aver risposto prima. Aveva (e ha tuttora) notevoli problemi di connessione, probabilmente dovuti al maltempo.

    Nd Arashi


    Edited by Tsukamoto Arashi - 7/11/2011, 21:37
     
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    Victor Cross
    Pigiama party! Pigiama party! Da quanto tempo non ne faceva uno? Victor ricordava ancora quelle fantastiche volte in cui con gli amici, al tempo aveva sui tredici anni, avevano "la serata del pigiama party" una volta al mese. Al tempo si ritrovavano e facevano di tutto, ma proprio di tutto! Si parlava, si giocava, si rideva, si facevano battutine, qualche volta finiva a rissa o qualcuno si appartava per fare un altro genere di tutto. Ah, bei tempi andati! Gli mancava quella vita che aveva voluto cancellare per evitare di accettare il fatto che tutt'oggi, nonostante tutto quello che era accaduto, lui rimpiangeva ancora la sua vita umana e non accettava di essere diventato una di quelle creature di cui aveva sempre avuto paura. Per amore della pace - ma soprattutto per amore di Neville - nascondeva ogni cosa e si rinchiudeva in un nuovo mondo, dove si lasciava completamente andare ad una nuova coscienza aliena al vero se stesso.
    Batté un paio di volte le palpebre ed il suo sorriso divenne emozionato, lo sguardo vispo «Il pigiama party, sìiiii!»
    Era decisamente entusiasta dell'idea, anche se per un po' dovette archiviare l'allegria per prestare attenzione a quello che stavano dicendo i due ragazzi. Che fortuna, pensò Victor: avevano trovato qualcuno che poteva davvero aiutarli! Non aveva ancora ben capito che ruolo svolgessero all'interno dell'accademia, ma sembravano tipo... assistenti, segretari, qualcosa del genere. Tuttavia, il fatto che fossero talmente giovani lo induceva a pensare che fossero rappresentanti degli studenti o qualcosa del genere. Gli piaceva il contrasto tra i due: da un lato 'cadaverina', come l'aveva rinominata lui, così neutra e spettrale; dall'altro il vivace ed apparentemente ingenuo biondino. Erano un po' come i gemelli vampiri: sereno e pacato l'uno; vivace ed esuberante l'altro.
    Quando i due si apprestarono a cercare i loro nomi nell'elenco, Victor si affrettò ad esclamare «Lui è Nevius, e io sono Victor, piacere! Siamo registrati sotto il cognome Cross!»
    Con un sorriso, mentre i due parlavano spiegando loro che c'erano ancora camere libere - per fortuna! - e probabilmente pensando al fatto che, effettivamente, sarebbe stato un problema avere due vampiri notturni a scuola - cosa di cui sinceramente lui non si preoccupava, poteva benissimo studiare per i fatti suoi senza seguire i corsi e poi dare gli esami da esterno, esattamente come facevano alcuni studenti alle scuole superiori pubbliche -, lui infilò una mano nella tasca sinistra dei pantaloni - la mano destra era ancora stretta dentro quella di suo fratello - e ne tirò fuori poco dopo il pugno stretto. Attese che i due finissero di parlare e ricominciò a sua volta a sibilare oscillando la mano, proprio come fanno i bambini.
    «Hey, hey! La ricompensa ve la siete meritata tutti e due, lo sapete? Non sono bravo a fare niente, ma so cucinare molto bene, quindi al pigiama party prometto di farvi una torta così buona che vi farà arrossire! Nel frattempo, però, vi do queste.»
    Tese la mano e la tese, rivelando due caramelle rotonde avvolte in una carta azzurra. Che cosa ci faceva un vampiro con delle caramelle?! Beh, Victor era decisamente uno strano vampiro, quindi non c'era troppo da starci a pensare...
    «Come segno di una nuova amicizia!»
    Sì, era comodo avere degli amici, soprattutto se così importanti. Victor era sicuro che quel gesto sarebbe piaciuto molto a suo fratello, e chissà, magari avrebbe pure ricevuto una qualche coccola che per lui, se fatta da Nevius, valeva più di tutte le ricompense del mondo.


     
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20 replies since 15/10/2011, 19:41   334 views
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